Tratto da "La trattoria" scritto da Michele Scaperrotta


Fuoco ai bordi delle strade..............................(le battone!)




Crescendo nella trattoria mi ritrovai anche ad essere un ‘lavoratore studente’ o ‘studente lavoratore’ dipendeva dai giorni: se lavoravo tanto o poco, comunque lavoravo e studiavo.
Vivevo in casa con i miei genitori qualche ora di notte quando, qualche volta ritornavo durante la settimana, altrimenti sempre in fabbrica, all’Università, da qualche amico o ‘amore’ del momento.
Ero un gironzolone senza meta, l’unica compagna era la mia auto, una mini minor, bianca col tetto nero, che non mi ha mai tradito!
Qualche curva stupida a velocità elevata l’ho fatta, lei sempre piantata per terra, e più di una volta mi ha salvato la pelle.
Chissà ora dove sarà?
Con questa 'storia dei rifiuti differenziati, che poi chissà se veramente sono differenziati eppure noi nelle case cerchiamo di farlo, mentre là, nelle discariche rimischiano assieme tutto di nuovo?
Sicuramente la mia vecchia mini sarà ridotta in mille pezzi qua e là. Poveraccia!
Piaceva a tutte, a quei tempi era una figata andare dalle ragazze con una mini.
Loro ne erano tutte ‘inorgoglite’ quando vi salivano.
Io mi sentivo bene, giusto con la mia mini.
Allora studiavo e lavoravo a Milano, la città del mio
cuore.
Là ho trascorso la mia gioventù.
I primi amori, emozioni, sentimenti, delusioni là a Milano e con la mia mini l’attraversavo in lungo e in largo, la conoscevo ‘a menadito’.
Dove andare a ballare, caricare,
Il locale ok dove portare lei.
Gli amici che mi prestavano la loro camera.
Insomma la mia vita scorreva là, nelle strade di questa meravigliosa città.
Una città che dà a tutti : vuoi fare? Lì puoi!
Mette a disposizione il suo ‘cuore’, lì se vuoi e con un po’ di fortuna puoi diventare, costruire, ti permette di realizzare i sogni.
Questa è la ‘mia’ Milano!
Alle 17 di solito smettevo di lavorare, una corsa negli spogliatoi per una lavata veloce, deodorante, poi al parcheggio e via all’università.
Siamo nel 68’ gli anni della “contestazione”
Quando giovani, operai, studenti, con la loro carica di protesta e contestazioni sembravano far vacillare i governi e sistemi politici in cambio di una trasformazione radicale della società.
Questo movimento del 68 ci ha fatto sognare, sperare in un mondo migliore ma forse utopistico, impossibile!
Ma di certo ha spaccato e distrutto la moralità e la stabilità mondiale fino ad allora appoggiata su valori borghesi, capitalisti e clericali.
(Torniamo normale!)
Questo clima innovativo, nuovo, si respirava a pieni polmoni nell’ambiente universitario.
Un vero piacere andarci, sì, dopo una giornata di lavoro non ero proprio il massimo ma l’aria frizzante, giovane che aleggiava li era indiscutibilmente respirabile e faceva sicuramente bene al corpo e allo spirito.
Ti sentivi protagonista, partecipe di un mondo che stava cambiando radicalmente o almeno credevi.
In questo clima infuocato era facile conoscere ragazze che più o meno condividevano le tue stesse idee e non solo.
Tutto più facile in nome del cambiamento!
La mia mini ne ha trasportati di culi del cambiamento.
Un vero piacere cambiare il mondo anche col sesso o meglio chiavando a più non posso.
Non c’era settimana che non si caricava, una continua spola tra piazza Santo Stefano, Città Studi (sede dell’università) e Parco Lambro, a quei tempi si andava in un locale li della zona. Non ricordo il nome, poco importa…
Una vera goduria.
Anni faticosi tra studio e lavoro ma un casino di divertimento, indimenticabili.
E che volere di più dalla vita?
In fondo ero un giovane di famiglia modesta ma riuscivo a studiare e col mio lavoro mi pagavo gli studi.
Erano altri tempi, forse più facili!
Oggi è tutto più complicato: poco lavoro, niente certezze, un futuro nero anche se studi, veramente un casino maledetto che non lascia sperare niente di buono.
E poi i soliti stronzi che colpevolizzano i giovani definendoli “bamboccioni” che non vogliono lavorare, studiare, insomma che non si danno da fare.
Niente di più falso e meschino!
Siano noi adulti della generazione del 68 che abbiamo fallito, che non siamo riusciti a creare un mondo migliore come sognavamo, sì, ci è sfuggito e i ricchi sono diventati più ricchi e i poveri più poveri, ecco cosa siamo riusciti a creare noi del 68.
Ed ora alcuni di noi, i peggiori, non trovano di meglio che definire “ bamboccioni” i giovani, mi vergogno!
Un cosa che ricordo di quei tempi era la nebbia.
Questa era proprio cattiva, particolare, intensa e densa che quando ci capitavi dentro non vedevi un cazzo, era impossibile guidare.
Io, qualche volta, nel corso della settimana, tornavo a casa dai miei, dovevo fare il cambio della biancheria, il modo migliore era di tornare all’albergo come mi rimproverava mio padre, un vecchio rompi cazzo ma ok!
Diversi sì, con idee diametralmente opposte, ma ci siamo sempre amati e rispettati.
Ho un ottimo ricordo del mio ‘vecchio’.
Un emigrato del sud, venuto al nord in cerca di lavoro e di fortuna e alla fine, Milano ha amato anche lui.
Qui si è rifatto una vita, lavoro tanto ma ha potuto crescere i suoi figli con dignità.
Il percorso da piazzale Loreto, superstrada per Varedo, Saronno, con la nebbia, c’era da spararsi: non si vedeva proprio niente, inguidabile.
A quei tempi sulla superstrada ci stavano le battone, si quelle sante donne, che fanno un lavoro veramente eccezionale e faticoso.
Non sono pazzo, ne’ contro corrente.
Io amavo quelle donne che per diversi anni mi hanno accompagnato alla laurea!
Loro mi amavano ed io amavo loro, nella nebbia le cercavo, e se qualche sera un falò era spento mi rattristavo, non capivo e non sapevo il perché.
Quando la nebbia attanagliava a tal punto la superstrada che era impossibile guidare, per me l’unico riferimento, l’unico faro della strada erano i falò delle mie battone.
Conoscevo ogni battona dal falò.
Ad ognuna un nome inventato da me.
Sono dalla Teresa, 10 km da casa.
Sono dalla Bruna, 7 km da casa.
Sono già dalla Lina 5 km da casa.
Loro, le battone, erano il mio faro, la luce.
Loro mi aiutavano ed io le amavo in silenzio, le ammiravo quelle donne forse disperate che facevano un lavoro duro, massimo rispetto.
Ognuno si guadagna da vivere come può e meglio crede, senza falsi moralismi ed ipocrisie.
Là di notte nella nebbia non c’erano preti e volontari ad indicarmi la via del ritorno a casa ma loro, le battone, le mie amiche: la Bruna, la Teresa, la Lina e…………chissà come si chiamavano le altre.


Continua............

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