Continuo del libro "La trattoria" scritto da Michele Scaperrotta
Achille
Achille era un vecchio contadino, ricco di proprietà ma viveva da povero, da abbandonato.
Aveva figli tutti ben ‘sistemati’, chi geometra, chi insegnava, ma se ne fregavano di lui.
Era solo. Ed era diventato cattivo ed acido per partito preso ma in fondo non lo era.
A giugno andavamo nel suo cascinale a prendere le balle di fieno, che buttavamo di sotto nel campo per giocare e per fargli dispetto.
Lui, quando ci scopriva, arrivava urlando con il forcone che ci gettava,…. ma era scontato che non ci avrebbe mai colpito.
Noi non solo scappavamo ridendo ma lo prendevamo pure in giro e questo lo imbestialiva di più.
Diventava come un orso impazzito.
E spesso l’ho sentito imprecare contro Dio perché lo aveva fatto invecchiare.
Altrimenti ce l’avrebbe fatta pagare! Urlava.
Pietro
Pietro, un ex ferroviere in pensione, era il più rispettato: il figlio era il maestro del rione,
ma anche lui solo e abbandonato al suo destino.
Si lamentava che non riusciva più a trovare una ragazza da scopare.
Eppure era disposto a pagare mille lire.
Una cifra considerevole a quei tempi.
Le abbordava, ma poi queste scappavano con i soldi.
Pure lui ce l’aveva con quello lassù: perché mi hai fatto invecchiare, hai fatto morire la mia Ginetta.
Ora sono qui solo come un barbone!
Teresona
Teresona la diva, la prima donna indiscussa della trattoria.
Quella che sapeva tutti i fatti del rione.
Una vera leader della trattoria.
Io l’amavo, era il mio ideale di donna, pensavo che tutte dovevano essere come lei: sincera, spontanea, vera, insomma un angelo un po’ ingrassato.
Spesso, nel tardo pomeriggio arrivava la Teresona.
In realtà il vero nome era Teresa, ma era così grossa che ormai tutti la chiamavano Teresona.
Lei non entrava dall’ingresso principale, ma dalla porta del cortile laterale, si vergognava degli uomini.
Una donna alla trattoria non sta bene, diceva.
Poi era molto conosciuta li nel quartiere: che figura!
Veniva con la scusa di fare due chiacchiere con mia madre, in realtà appena si sedeva, urlava: “Giovanin porta qui un grappin”, e io correvo con la bottiglia della grappa e il bicchiere, sapevo che a lei piaceva e per non farmi sgridare andavo già col bicchiere grande, altrimenti mi diceva: quel poco lì non arriva neppure a bagnare la lingua e rideva di gusto.
Era stata di sicuro una bella donna, ma ormai gli anni l’avevano segnata.
Aveva tre figli: due maschi e una bellissima femmina.
A bellezza in quella famiglia non si scherzava, erano tutti ok!
Economicamente stava bene, il marito ferroviere guadagnava abbastanza.
Tutti i mercoledì mi veniva a prendere per portarmi al mercato del paese.
“Giovanin andiamo, ho premura”
Mi prendeva per mano e mi trainava.
Dopo pochi centinaia di metri eccoci arrivati all’incrocio.
Lì ci stava la madonnina, una statua della Madonna con in braccio il Bambino Gesù.
Qui non potrò mai e poi mai scordare quello che faceva la Teresona: si fermava, mi obbligava a farmi il segno della croce e a recitare una Ave Maria.
Mentre io ero intento a fare ste cose, sempre usciva da sotto le sue lunghe gonne un rivolo d’acqua che scorreva giù per la via.
Per anni mi son chiesto cosa fosse, ma poi, crescendo capii!
La Teresona li pisciava, probabilmente senza mutande e quella che io credevo acqua, un po’ santa in realtà era la pipi della Teresona.
Incredibile donna di altri tempi!
Continua................
Nessun commento:
Posta un commento