Tratto da "La trattoria" scritto da Michele Scaperrotta


Fuoco ai bordi delle strade..............................(le battone!)




Crescendo nella trattoria mi ritrovai anche ad essere un ‘lavoratore studente’ o ‘studente lavoratore’ dipendeva dai giorni: se lavoravo tanto o poco, comunque lavoravo e studiavo.
Vivevo in casa con i miei genitori qualche ora di notte quando, qualche volta ritornavo durante la settimana, altrimenti sempre in fabbrica, all’Università, da qualche amico o ‘amore’ del momento.
Ero un gironzolone senza meta, l’unica compagna era la mia auto, una mini minor, bianca col tetto nero, che non mi ha mai tradito!
Qualche curva stupida a velocità elevata l’ho fatta, lei sempre piantata per terra, e più di una volta mi ha salvato la pelle.
Chissà ora dove sarà?
Con questa 'storia dei rifiuti differenziati, che poi chissà se veramente sono differenziati eppure noi nelle case cerchiamo di farlo, mentre là, nelle discariche rimischiano assieme tutto di nuovo?
Sicuramente la mia vecchia mini sarà ridotta in mille pezzi qua e là. Poveraccia!
Piaceva a tutte, a quei tempi era una figata andare dalle ragazze con una mini.
Loro ne erano tutte ‘inorgoglite’ quando vi salivano.
Io mi sentivo bene, giusto con la mia mini.
Allora studiavo e lavoravo a Milano, la città del mio
cuore.
Là ho trascorso la mia gioventù.
I primi amori, emozioni, sentimenti, delusioni là a Milano e con la mia mini l’attraversavo in lungo e in largo, la conoscevo ‘a menadito’.
Dove andare a ballare, caricare,
Il locale ok dove portare lei.
Gli amici che mi prestavano la loro camera.
Insomma la mia vita scorreva là, nelle strade di questa meravigliosa città.
Una città che dà a tutti : vuoi fare? Lì puoi!
Mette a disposizione il suo ‘cuore’, lì se vuoi e con un po’ di fortuna puoi diventare, costruire, ti permette di realizzare i sogni.
Questa è la ‘mia’ Milano!
Alle 17 di solito smettevo di lavorare, una corsa negli spogliatoi per una lavata veloce, deodorante, poi al parcheggio e via all’università.
Siamo nel 68’ gli anni della “contestazione”
Quando giovani, operai, studenti, con la loro carica di protesta e contestazioni sembravano far vacillare i governi e sistemi politici in cambio di una trasformazione radicale della società.
Questo movimento del 68 ci ha fatto sognare, sperare in un mondo migliore ma forse utopistico, impossibile!
Ma di certo ha spaccato e distrutto la moralità e la stabilità mondiale fino ad allora appoggiata su valori borghesi, capitalisti e clericali.
(Torniamo normale!)
Questo clima innovativo, nuovo, si respirava a pieni polmoni nell’ambiente universitario.
Un vero piacere andarci, sì, dopo una giornata di lavoro non ero proprio il massimo ma l’aria frizzante, giovane che aleggiava li era indiscutibilmente respirabile e faceva sicuramente bene al corpo e allo spirito.
Ti sentivi protagonista, partecipe di un mondo che stava cambiando radicalmente o almeno credevi.
In questo clima infuocato era facile conoscere ragazze che più o meno condividevano le tue stesse idee e non solo.
Tutto più facile in nome del cambiamento!
La mia mini ne ha trasportati di culi del cambiamento.
Un vero piacere cambiare il mondo anche col sesso o meglio chiavando a più non posso.
Non c’era settimana che non si caricava, una continua spola tra piazza Santo Stefano, Città Studi (sede dell’università) e Parco Lambro, a quei tempi si andava in un locale li della zona. Non ricordo il nome, poco importa…
Una vera goduria.
Anni faticosi tra studio e lavoro ma un casino di divertimento, indimenticabili.
E che volere di più dalla vita?
In fondo ero un giovane di famiglia modesta ma riuscivo a studiare e col mio lavoro mi pagavo gli studi.
Erano altri tempi, forse più facili!
Oggi è tutto più complicato: poco lavoro, niente certezze, un futuro nero anche se studi, veramente un casino maledetto che non lascia sperare niente di buono.
E poi i soliti stronzi che colpevolizzano i giovani definendoli “bamboccioni” che non vogliono lavorare, studiare, insomma che non si danno da fare.
Niente di più falso e meschino!
Siano noi adulti della generazione del 68 che abbiamo fallito, che non siamo riusciti a creare un mondo migliore come sognavamo, sì, ci è sfuggito e i ricchi sono diventati più ricchi e i poveri più poveri, ecco cosa siamo riusciti a creare noi del 68.
Ed ora alcuni di noi, i peggiori, non trovano di meglio che definire “ bamboccioni” i giovani, mi vergogno!
Un cosa che ricordo di quei tempi era la nebbia.
Questa era proprio cattiva, particolare, intensa e densa che quando ci capitavi dentro non vedevi un cazzo, era impossibile guidare.
Io, qualche volta, nel corso della settimana, tornavo a casa dai miei, dovevo fare il cambio della biancheria, il modo migliore era di tornare all’albergo come mi rimproverava mio padre, un vecchio rompi cazzo ma ok!
Diversi sì, con idee diametralmente opposte, ma ci siamo sempre amati e rispettati.
Ho un ottimo ricordo del mio ‘vecchio’.
Un emigrato del sud, venuto al nord in cerca di lavoro e di fortuna e alla fine, Milano ha amato anche lui.
Qui si è rifatto una vita, lavoro tanto ma ha potuto crescere i suoi figli con dignità.
Il percorso da piazzale Loreto, superstrada per Varedo, Saronno, con la nebbia, c’era da spararsi: non si vedeva proprio niente, inguidabile.
A quei tempi sulla superstrada ci stavano le battone, si quelle sante donne, che fanno un lavoro veramente eccezionale e faticoso.
Non sono pazzo, ne’ contro corrente.
Io amavo quelle donne che per diversi anni mi hanno accompagnato alla laurea!
Loro mi amavano ed io amavo loro, nella nebbia le cercavo, e se qualche sera un falò era spento mi rattristavo, non capivo e non sapevo il perché.
Quando la nebbia attanagliava a tal punto la superstrada che era impossibile guidare, per me l’unico riferimento, l’unico faro della strada erano i falò delle mie battone.
Conoscevo ogni battona dal falò.
Ad ognuna un nome inventato da me.
Sono dalla Teresa, 10 km da casa.
Sono dalla Bruna, 7 km da casa.
Sono già dalla Lina 5 km da casa.
Loro, le battone, erano il mio faro, la luce.
Loro mi aiutavano ed io le amavo in silenzio, le ammiravo quelle donne forse disperate che facevano un lavoro duro, massimo rispetto.
Ognuno si guadagna da vivere come può e meglio crede, senza falsi moralismi ed ipocrisie.
Là di notte nella nebbia non c’erano preti e volontari ad indicarmi la via del ritorno a casa ma loro, le battone, le mie amiche: la Bruna, la Teresa, la Lina e…………chissà come si chiamavano le altre.


Continua............

Ignoranza.....

Una brutta malattia
spesso asintomatica, ma molto diffusa
Soprattutto tra quelle persone che asseriscono di esserti amico e che ti capiscono
Parlano, parlano ma poi di te se ne fregano un cazzo!
A volte e' piu' sincero un nemico,
almeno quello esprime la sua rabbia, il suo odio con sincerita' e convinzione





dal web

Una risata ben fatta vale piu' di mille parole inutili!

Una ragazza si presenta dal suo psicanalista:
Dottore, e' terribile!
Ogni volta che esco con un amico, finisco a letto con lui
Cosi'. per tutto il giorno dopo, mi sento colpevole
Capisco, risponde il medico, lei vuole che io l'aiuti a saper dire di no.........
Ma niente affatto!
Vorrei che mi facesse passare il senso di colpa!

Racconto da "La trattoria" scritto da Michele Scaperrotta


Il fiumiciattolo


Poco lontano dalla trattoria scorreva un fiumiciattolo.
C’era un tratto in mezzo ai boschi dove il fiume si allargava e li poco distante c’era una piccola fabbrica di sapone.
In estate, nelle giornate di luglio, quando quel caldo ti soffoca e ti fa sudare esageratamente, noi ragazzini tutti là al nostro ‘mare’ a fare il bagno.
Rigorosamente in mutande, quale costume, non esistevano forse, boh!
Una goduria che non ti dico.
Pericoli all’apparenza non sembravano essercene, o meglio, i ragazzini di solito non li vedono o forse hanno una propensione al pericolo innata e un angelo sempre pronto ad intervenire!
In un angolo di questo rigonfiamento del fiume c’era un ‘mulinello’ si, se ci capiti ti senti trascinare sotto e non riesci a liberarti, sembra che la tua forza sia inesistente.
Roberto, che era il più grandicello e quindi il capo del branco, era anche il più scalmanato, ma lo doveva fare anche per dimostrare d’esser il capo, altrimenti che capo era?
Non sapendo del mulinello si buttò proprio in quell’ angolo maledetto, all’inizio sembrava tutto ok, tutto normale, ma poco dopo vedevamo che si dimenava disordinatamente, urlava, non ce la faceva
“Aiuto!” gridava.
Che fare?
Ecco che gli Angeli esistono e solo nel bisogno li vedi!
Mi venne un’idea, presi un lungo bastone di robinia che utilizzavo per farmi spazio nel bosco e glielo avvicinai urlandogli di aggrapparsi.
All’inizio non ci riusciva, ma dopo diversi tentativi e con la forza della disperazione, eccolo aggrappato e noi ragazzini sulla sponda a tirare.
A fatica e in qualche modo ecco Roberto tra di noi
sano e salvo. Rimesso a nuovo ci dirigemmo verso casa, ma nessuno raccontò mai questo episodio perché sarebbero arrivate altre ‘botte’ per noi.
A quei tempo la pedagogia funzionava in questo modo.
Se ti lamentavi e raccontavi dell’accaduto, oltre a sgridarti che non lo avresti dovuto fare, aggiunta di botte.
“Così ti ricordi la prossima volta.” Di solito questa era la giustificazione ufficiale di mia madre.
Chissà forse aveva pure ragione?
Io non contestavo, queste erano le regole di noi tutti e in fondo le accettavamo, ci andavano anche bene.
Ora tutto è più difficile, complicato.
Questo fiumiciattolo aveva un’ acqua trasparente e molte volte io e i miei amici facevamo il bagno, quello vero dico, quello che oggi ti fai in casa.
Usavamo come sapone le foglie.
Sì, queste essendo vicine alla fabbrica di sapone, erano, se sfregate tra di loro, come un sapone.
Spesso mi son lavato là dentro.
Può sembrare incredibile ma è verità.

Continua.....................


Io canto l'individuo



Io canto l'individuo, la singola persona,
Al tempo stesso canto la Democrazia, la massa.

L'organismo, da capo a piedi, canto,
La semplice fisionomia, il cervello da soli non sono degni
della Musa: la Forma integrale ne è ben più degna,
E la Femmina canto parimenti che il Maschio.

Canto la vita immensa in passione, pulsazioni e forza,
Lieto, per le più libere azioni che sotto leggi divine si attuano,
Canto l'Uomo Moderno.



Walt Whitman

Io non ho mai capito sta metafora....

Tempo fa una amica mi invio' sta metafora : "Il dilemma del porcospino", giuro e' passato del tempo, ma ancora oggi non riesco a capirla.
Voi direte normale, con la zucca che mi ritrovo!
Il guaio e' che mi sembra assurdo che sia solo io a non capire, anche perche' sta roba  e' stata trattata da uno che si chiama  Arthur Schopenhauer, non so se mi spiego!


" Alcuni porcospini, in una fredda giornata d'inverno, si strinsero vicini, vicini, per proteggersi, col calore reciproco, dal rimanere assiderati. Ben presto, però, sentirono le spine reciproche; il dolore li costrinse ad allontanarsi di nuovo l'uno dall'altro. Quando poi il bisogno di riscaldarsi li portò nuovamente a stare insieme, si ripeté quell'altro malanno; di modo che venivano sballottati avanti e indietro fra due mali. finché non ebbero trovato una moderata distanza reciproca, che rappresentava per loro la migliore posizione.
Così il bisogno di società, che scaturisce dal vuoto e dalla monotonia della propria interiorità, spinge gli uomini l'uno verso l'altro; le loro molteplici repellenti qualità e i loro difetti insopportabili, però, li respingono di nuovo l'uno lontano dall'altro. La distanza media, che essi riescono finalmente a trovare e grazie alla quale è possibile una coesistenza, si trova nella cortesia e nelle buone maniere.
A colui che non mantiene quella distanza, si dice in Inghilterra: keep your distance! − Con essa il bisogno del calore reciproco è soddisfatto in modo incompleto, in compenso però non si soffre delle spine altrui. − Colui, però, che possiede molto calore interno preferisce rinunciare alla società, per non dare né ricevere sensazioni sgradevoli."
(Copiato da wikipedia)

Vale anche per le relazioni amorose?

In sintesi e' come dire che se sei un porcospino (e' gia' qua vado in crisi, perche' le pesone sono o devono essere come i porcospini? Pieni di problemi, rognosi, rompicazzo ecc Bo!) e stai con un altro, che pure lui e' un porcospino, piu' ti avvicini per scaldarti piu 'e' probabile che entrambi o almeno uno dei due si faccia male, avendo entrambi aculei sulla schiena 
Quindi due innamorati, che si prendono cura , si fidano,l'uno dell'altro, qualsiasi cosa spiacevole che accadesse ad uno di loro ferirebbe anche l'altro e le eventuali incomprensioni tra i due farebbero probabilmente nascere problemi enormi.
Bo!

Non capisco perche' le persone sono li con aculei pronti per ferire altri, magari non e' loro intenzione, non vogliono vivere sempre in stato di allerta. In sintesi non riesco a condividere sta metafora, anche se spesso gli aculei me li ficcano nel culo a me!
Vabbe' evidentemente devo stare piu' attento e guardingo!


Chi volesse approfondire deve leggere Schopenhauer Arthur nel suo Parerga e paralipomera



Da "La trattoria" di Michele Scaperrotta


Le donne della ‘rüvera’


I cortili vicino alla trattoria avevano quella che in dialetto si chiamava la ‘rüvera’.

Li si mettevano gli scarichi delle stalle e anche umani delle persone, in poche parole la merda veniva accumulata nella rüvera e poi usata come concime per i prati.
Pochi avevano il bagno in casa, di solito era in cortile e in comune, direttamente collegato con la rüvera.
In inverno, col freddo, era proprio un guaio andare in bagno, sarà per questo che eravamo tutti stitici a quei tempi

Boh!
Questa merda quando la mettevano nei campi era di una puzza che non vi dico!
Probabilmente di qualità ottima, per puzzare così tanto!
Naturalmente queste ‘rüvera’ non sempre venivano coperte, erano negli angoli più remoti del cortile dove nessuno ci sarebbe mai andato, almeno questo pensavano i grandi.
Invece i ragazzini non ragionano come loro, per fortuna.
Era un pomeriggio d’estate, le vecchiette radunate all’ombra della grossa quercia, a raccontare i fatti del rione.
Noi ragazzini giocavamo li poco distanti.
Mentre correvo, casco sparato dentro la ‘rüvera’, che era talmente piena di merda da raggiungere il livello del terreno, anzi sembrava terra.
Lì quando ci caschi dentro è come essere nelle sabbie mobili, sprofondi velocemente.

Gli altri ragazzi, visto la cosa, si mettono ad urlare ed in poco tempo ecco tutte le donne della corte li attorno alla ‘rüvera’.
Che fare?
Chiamate Gino,  Giorgio………, chiamate un uomo, sbrigatevi, aiuto…….!
Urlavano le donne.
In poco tempo gli uomini della corte erano li e con bastoni, assi, funi riuscirono a tirarmi fuori, dalla merda.
Ma come puzzavo!
Le donne con il tubo dell’acqua mi lavavano o cercavano di farlo.
Ma anche dopo diverse ore di lavaggio puzzavo di merda in un modo indescrivibile.
Nel frattempo erano arrivati li mia madre e la Teresona, la mia protettrice, lei mi difendeva sempre, quante sculacciate evitate grazie a lei.
Io la ricompensavo a modo mio, quando ordinava ‘il grappin’ le riempivo il bicchiere a più non posso.
E anche stavolta alle urla e promesse di botte di mia madre, lei: non è colpa di Giovanin ma degli uomini del cortile che non hanno svuotato la ‘rüvera’.
Un’ amica la Teresona!
Alla fine tutti concordi nel dire che era andata bene, me l’ero cavata con una mega lavata e tanta puzza.
Che sarà mai?
Almeno quella era puzza di merda vera non quella che poi tante volte ho sentito nel corso della mia vita di persone che se la tiravano stupidamente!


Continua...........

Io imperturbabile


Io, imperturbabile, sto bene nella Natura,
padrone di tutto o signore di tutto, sicuro di me nel mezzo delle cose irrazionali,
permeato come esse, passivo, ricettivo, silenzioso come
esse,
scopro che la mia occupazione, la povertà, la fama,
punti deboli, i delitti, sono meno importanti di
quanto pensassi,
io, verso il mare dl Messico, o a Mannahatta, o nel
Tennesse, o nell’estremo nord, o nell’interno,
un rivierasco, o un abitante dei boschi, o un fattore in
uno di questi stati, o della costa, o dei laghi, o del Canada,
dovunque io trascorra la mia vita, oh essere equilibrato
in ogni circostanza,
affrontare la notte, le tempeste, la fame, il ridicolo, gli
accidenti, i rifiuti, come fanno le piante e gli
animali.

da ‘Il Canto di me stesso’
Walt Whitman


Barzellette 'spinte'

Due amici.
Le troie, bisognerebbe buttarle tutte in mare!
Bravo! Tu si che sei una brava persona, perbene!
No, risponde lui, sono un sub!




Tra amici - Indovinello:
Sai dirmi cos'è quel coso di pelle, sempre gonfio, che portano nei pantaloni gli uomini
 e per il quale le donne fanno pazzie?
?
?
?
?
?
E' un portafoglio gonfio!




Vignette dal web

Personaggi da "La trattoria" Michele Scaperrotta


Il formaggiaio


Tutti i giovedì era festa nel rione, almeno per i bambini e ragazzini, arrivava il formaggiaio.
Questo veniva in sella ad una strano furgone verde.
Una moto adattato a tre ruote con un grosso carretto integrato, strapieno di formaggi.
Parcheggiava nel piazzale davanti alla trattoria, sotto le magnolie e tutte le donne del rione accorrevano li a comprare il formaggio.
Dicevano che era buono e non caro.
Faceva prezzi ragionevoli.
Noi ragazzini tutti attorno a sto strano carretto, lui un omone, che ancora oggi non capisco come stesse in equilibrio su quella motoretta, in curva poi era tutto un programma, ma per fortuna non è mai caduto, era un buono.
Ci regalava pezzettini di formaggio, ce ne era per tutti.
Ma quello il più richiesto era quello con la crosta nera. Aveva una crosta nera come il carbone.
Ma come era buono sto formaggio!
La crosta veniva sfregata sull’asfalto della strada, il catrame ruvido asportava quella parte nera e la crosta diventava chiara, una vera bontà.
Era una lotta infernale tra di noi per acchiappare più croste possibili, una vera goduria del palato.
Con lui, il grassone, non c’era problema, era un democratico, riusciva sempre a darne un po’ a tutti.
Non so se era bontà la sua, oppure si divertiva a vedere dei mocciosi affamati attorno.
Mai capito, ma ci divertivamo e lui in fondo era generoso.


 Il mangiatore di coltelli


Un cliente quotato, di riguardo, era il ragioniere.
Questo era un signore di mezza età: mai saputo se giovane o vecchio, uno senza età.
Alla domenica pomeriggio andava sempre a fare la passeggiata con la moglie fino al fiumiciattolo e poi al ritorno si fermavano da noi alla trattoria.
Ricordo che i miei genitori riservavano molta attenzione al ragioniere, era un cliente di riguardo, educato e poi aveva gli studi, la sua presenza riempiva di prestigio la trattoria.
Erano i primi ad esser serviti anche se arrivati dopo.
Ora dovete sapere che il ragioniere sarà stato istruito, educato, ma qualche bicchierino di vino con la consorte se lo beveva.
E qui viene il bello, aveva un vizietto, era un po’ esibizionista, anzi, la moglie lo assecondava.
“Giovanin porta qui i coltelli da cucina.” mi ordinava.
Quando sentivo questa richiesta mi veniva la pelle d’oca, avevo paura, sapevo cosa avrebbe fatto e non mi piaceva affatto.
Nel bel mezzo della parete più grande della trattoria c’era un grande specchio, che non era fissato dritto alla parete, ma inclinato.
Il ragioniere era una specie di fachiro, si vantava che era capace di infilarsi un lungo coltello da cucina giù nella gola e per far questo si metteva dritto di fronte a questo grande specchio.
Tutta la trattoria quando iniziava questa cosa era in gran silenzio attorno al ragioniere e alla moglie che le faceva da assistente, quasi come in uno spettacolo da circo.
Erano attimi interminabili per me, me ne stavo nascosto in cucina ad aspettare il fragore degli applausi. Era il segnale che il ragioniere aveva terminato quella cosa odiosa ma di grande prestigio e ammirazione per lui.
Questo con una facilità indescrivibile si “ingoiava” o meglio si infilava un coltello affilato di circa 30cm giù per la gola, come facesse non l’ho mai capito, insomma rischiava la vita per niente, per un po’ di gloria alla trattoria.
La gente è strana a volte.

Continua..........


Se tardi a trovarmi


Se tardi a trovarmi, insisti.

Se non ci sono in nessun posto,

cerca in un altro, perché io sono

seduto da una qualche parte,

ad aspettare te...

e se non mi trovi piú, in fondo ai tuoi 

occhi,

allora vuol dire che sono dentro di te.



Walt Whitman






Aforismi del martedi

Il numero di stupidaggini che una persona intelligente può dire in un giorno è incredibile
E senza dubbio io ne direi quante gli altri, se non tacessi più spesso.
A.Gide

Non bisogna sciupare quello che si ha con il desiderio delle cose che mancano, ma rifletere sul fatto che anche ciò che si ha era prima oggetto del desiderio
Epicuro

Il saggio muta consiglio, ma lo stolto resta della sua opinione
F.Petrarca

La diffocoltà non sta nelle idee nuove, ma nell'emancipazione di quelle vecchie
J.M.Keynes


Giocare col cellulare

Nuovi racconti da "La trattoria" di Michele Scaperrotta


Romano

Tra i clienti della trattoria c’era un romano tutto muscoloso, faceva l’imbanchino e non solo.
La moglie, una bella giovane tutta riservata che faticava non poco a crescere i due bimbi.
Romano non aveva una bella compagnia e poi beveva molto.
Di sera spesso mi chiedeva se gli davo un passaggio al paese vicino.
A me era simpatico! Con lui mi sentivo protetto, in fondo non era un esempio di bravo ragazzo ma aveva dei principi, regole di vita che non ho più ritrovato.
Un amico era amico, poche storie.
Se venivi offeso da qualcuno, era come offendere lui, quindi era dalla tua parte in ogni caso.
Forse un po’ esagerato ma questo era il suo modo di esserti fedele, amico.
Come avevo detto lui era molto robusto, muscoloso. Ora in questo paesino di periferia c’era un locale ‘abusivo’ dove si incontravano sti muscolosi e li facevano gare a braccio di ferro, naturalmente scommettendo soldi.
Era tutto illegale e spesso finiva a botte, a macchine sfasciate ed altro.
Io, timoroso e fifone com’ero, appena arrivati, lo scaricavo e gli dicevo che sarei poi tornato a notte fonda a riprenderlo, non volevo rischiare che mi sfasciassero la macchina o la faccia, peggio ancora!
“Ma che cazzo dici? Tu sei mio ospite, pago io e sei sotto la mia protezione, metti la macchina un po’ lontano da qua e vieni con me, capito fifone di un intellettuale?”
Non potevo deluderlo e allora ok, parcheggiavo l’auto ben lontano da li e mi avviavo con lui in quel ginepraio di muscoli.
Dentro li la parola più ‘pulita’ era cazzo, poi a scendere, un linguaggio veramente poco raccomandabile o edificante: figlio di puttana, tua madre ha partorito mentre ciucciava il cazzo a mio padre, insomma una roba deprimente.
Eppure questi avevano qualcosa di positivo, di sincero, erano degli sfigati, emarginati, forse violenti, ma a modo loro erano ok! Sinceri, bambinoni.
Naturalmente io, grazie a Romano ero uno di loro, per loro.
Io mi sentivo un pesce fuor d’acqua ma recitavo bene.
Le scommesse erano da 100mila lire a botta e Romano non perdeva tempo, subito al tavolo a far  braccio di ferro.
Quella sera andò tutto ok, una buona vincita 300mila.
Naturalmente 100 erano per me e quindi grossa litigata verbale, si fa per dire, perché io non le volevo, mi ero divertito e basta, ma non era facile, alla fine dovetti accettare.
Andai altre volte col Romano li, senza particolari incidenti, ma poi, dopo qualche tempo, seppi che venne fatta una retata e pure lui finì in galera.
Vedevo lei, la moglie, sempre più magra, passare d’avanti alla trattoria e preso da istinto umano, una volta mi permisi di fermarla e la pregai di prendere 100mila lire.
Le feci credere che erano soldi che mi aveva prestato Romano.
Non so se ci credette, il dubbio lo doveva avere, ma con due figli e un marito in carcere le finezze vanno a farsi fottere, le prese e per un attimo i suoi occhi profondi neri emisero una parvenza di luminosità.
Per qualche giorno ci sarebbe stato qualcosa da mangiare.
Poi si sa e si finge di non sapere, lei doveva darsi a qualcuno a pagamento.
Dopo qualche mese, seppi che Romano con la famiglia se ne tornarono nel Lazio, di dove erano originari.


Nerone


Nella trattoria viveva un gatto nero, nerissimo, tanto
che lo chiamavamo Nerone.
Due fari verdi e trovarselo nella notte di fronte non doveva essere una bella esperienza, ti abbagliava, sembrava una pantera di certo!
In realtà era molto affettuoso e mansueto.
Capitava spesso che mia madre ai tempi soffrisse di atroci mal di testa e che se ne stesse sdraiata sopra il vecchio divano della cucina, lui si rannicchiava sul bracciolo e le stava vicino come a farle da compagnia, da badante, in attesa che lei si riprendesse.
Era una immagine veramente eccezionale, di umanità felina, direi.
Ma la cosa che lo rendeva ‘famoso’ tra i clienti della trattoria era la sua bravura nel giocare al calcetto.
Sì, a lui piaceva mettersi sulla sponda del calcetto, o meglio dove entravano le palline.
Con la zampa, quando una pallina arrivava tutta veloce per entrare nella ‘buca’ e far goal, lui con una velocità sorprendente la parava.
Era uno spettacolo vederlo, un vero professionista.
Impressionava tutti ed era la mascotte del calcetto.
Era poi quello che più mangiava li, gli avanzi erano tutti per lui, per Nerone, insomma il vero re, padrone della trattoria!

continua...........

Riflessione: perchè l'amore finisce?

Elucubrazione mattutina sull'amore................................

Perche' il fuoco si spegne?
E' il corso normale della vita?
In fondo e' giusto cosi', inevitabile?
Boh!
Chi ci capisce è bravo!

Comunque, per quel che ne so io, alcuni fattori sono determinanti, uccidono l'amore:

La gelosia (paura di perdere il patner) , sicuramente le sue origini vanno ricercate nell'infanzia: la perdita di qualcuno di importante, l'insicurezza dell'amore ricevuto, situazioni di disagio, insomma la perdità di qualcosa di caro, di prezioso

L'incapacita' di affrontare le discussioni, cioe' non ci si incontra nelle conversazioni, la distanza a volte diventa cosi' enorme che il litigio è inevitabile. Esprimere opinioni contrastanti su qualcuno o qualcosa a volte diventa una vera arma di lotta, sofferenza e alla fine di rottura

L'infedelta' io non ritengo solo fisica ma anche psicologica : sto con te ma condivido altri, quindi alla fine contesti sempre il patner! ed come tradirlo, in sintesi e come dire a se stessi: sto meglio quando parlo con l'altro che con lui! lui poi contesta , rompe, indaga.......... e quindi dico l'essenziale non di piu'.........

Coppie chiuse che si confondono uno nell'altro, come se vivessero in simbiosi, e l'esterno e' visto come minaccia, ma quando uno mette fuori la testa dal guscio nasce il casino!

Non ci sono obbiettivi comuni,  ad un certo punto ognuno va da solo senza l'altro, individualismo ok ma senza accordo e mete comuni, concordate

Soldi,  a volte la situazione economica rende difficile la convivenza, le rinunce di qualcosa all'inizio possono essere ok ma poi non sostenibili e quindi litigate

Patologie dell'amore da troppa esperienza quando hai avute altre storie andate male sei sempre all'erta , guardingo e il tuo credere è: questo non mi frega come gli altri! Diventa una eccessiva difesa, ti arrocchi nella tua esperienza e confronti continuamente con situazioni del passato, come se ti predisponessi alle sue possibili mosse riferite ad un fatto gia' vissuto con altri. E' il peggior modo di amare, per me. ognuno è a se, non siamo fatti con lo stampino: tutti uguali!

O forse nessuno di questi fattori, bla, bla...... ma solo si e' stufi dell'altro, il tempo è assassino! Boh!

E allora scintille: tu figlio di puttana, te stronza, ti ricordi, potevi non offendere  quello, quell'altro, sei rissoso, aggressivo, mi fai fare sempre brutte figure, vai affanculo e intanto tutto quel mondo meraviglioso costruito assieme si sgretola, tutte quelle sensazione che faticosamente hai creato, sentito con lei vanno a puttana e ancora una volta te ne ritorni solo la in quell'angolo imprecando, dando magari un pugno alla scrivania, prendendotela con la sorte,  ti dirai che sei sbagliato, che è il tuo destino, e poi il tempo medichera' anche ste ferite ma il cuore si spacca! Il suo sorriso, il suo sguardo, le sue carezze ......non ci sono piu'.
E tu sempre piu' solo...............................mi chiamano per il caffe' scusate.............ahhahahahahah.........
intanto tutto procede inevitabilmente! .....................che stronza la vita.!!!!!!!!!!!!!!!

Racconti da "La trattoria" di Michele Scaperrotta


Il padre della figlia prostituta



Li poco distante dalla trattoria viveva una strana coppia, un padre con una figlia, molto bella e giovane.
E non era una fata di certo, ma ricordo che aveva gli occhi azzurri con lunghi capelli biondi.
Lui, il padre, gentile e riservato, uno che non dava troppa confidenza, non parlava con nessuno, tranne che con la figlia e con mio padre, di tanto in tanto.
Il mezzo di trasporto era una vecchia bicicletta da uomo, sì quella con la canna, dove la figlia si sedeva col culo e le gambe lateralmente penzolanti.
Spesso venivano alla trattoria per un piatto caldo di pasta.
Ai tempi non capivo molto, non indagavo sui mestieri delle persone, poi crescendo purtroppo capii.
Questo padre disgraziato, verso le due del pomeriggio, dopo un misero pranzo, partiva in bicicletta e portava la figlia a lavorare o meglio a ‘battere’, cioè la lasciava in una via nota ai tempi.
Lì ci stavano le puttane.
Insomma quell’angelo biondo in realtà era una prostituta.
Che tristezza!
Colpa di un padre delinquente o della miseria?
Non lo saprò mai.
Ma ancora oggi ricordo quel viso troppo bello e delicato di una bambina che era cresciuta troppo alla svelta e che forse non aveva mai giocato con le bambole ma solo con cazzi di vecchi porci e mariti stronzi.
Il mondo gira anche così se non hai soldi.
In tanti fingiamo di non vedere, di condannare, ma poi che facciamo per cambiarlo?
Un cazzo, un cazzo di niente!
Alla sera nelle nostre calde case, davanti ad un buon piatto di pasta ce ne freghiamo abbondantemente di chi sta peggio, in fondo che possiamo fare? Ci domandiamo.
E poi la domenica una buona confessione e tutto prosegue come prima.
Cioè alla cazzo!



Andrea


Tra i clienti della trattoria c’era Andrea, un omosessuale dichiarato.
Mia madre stava guardinga con questo cliente, credeva forse che fosse contagioso!
E poi a quei tempi, queste persone non erano tanto accettate, ben viste ed ogni cosa che riguardasse loro veniva bisbigliata, mai detta a voce normale.
Un pomeriggio d’estate, uno di quelli che rompono per il troppo caldo, che ti senti appiccicoso, me ne stavo addormentato sul divano della cucina e la Teresona chiacchierava del più e del meno con mia madre, non potevano di certo immaginare che in realtà ero sveglio, me ne stavo con gli occhi chiusi. Sicuro che prima o poi avessero pettegolato su qualcosa o qualcuno del rione, ed io che ero un curiosone, mi sentivo più grande se venivo a conoscenza dei fatti dei vicini.
Inizia la Teresona, con voce sommessa: “Ma hai sentito che si dice di Andrea?”  “No” risponde mia madre.
“Ma come non sai che è stato ricoverato all’ospedale d’urgenza”.
“Ma quando?”
“Una settimana fa”
“ Ma che ha avuto?”
“Si avuto”.
Replica la Teresona.
“Era con quell’altro come lui, Giorgio, che ha pure due figli.
Questo pare che gli abbia ficcato nel culo (orifizio anale per i benpensanti) il pallino del biliardo!”
“Cosa…..la pallina nel culo, ma non gli faceva male?”
“Male! Quello urlava all’inizio dal piacere poi son cazzi, non usciva più ” quindi di corsa all’ospedale. Pare che ce l’hanno fatta senza operarlo.
“Che schifo! Ma come si fa la pallina nel culo!”
A quel punto ho aperto gli occhi e mi son messo a ridere mentre scappavo e la Teresona mi gridava: “Giovanin, non dire niente, capito!
Per l’amor di Dio, capito! Se sanno che diciamo ste cose ci ammazzano quei due!”

Continua.........